La regina di ghiaccio
Il
nome MairiTales nasce da una modifica del termine inglese fairytales,
fiabe, unito a Mairi, il mio nickname principale, suggerita dalla creatività poetica di Celidonia.
Per
tener fede al mio nome, oggi ti racconto una storia con l'aiuto di un vestito per le fate in scala 1:12 che ho fatto più di dieci anni fa e i ciclamini del mio giardino :)
Alla
fine dell’estate la natura si prepara a trascorrere un periodo di
freddo e riposo. Animali e piante accumulano cibo, energia per
riuscire a superare l’inverno; sotto terra o nelle tane dormono e
sognano la vita che verrà, la speranza di vedere di nuovo il sole e
godere del suo calore.
Cosa accade però se quelle speranze vengono disattese, se quei sogni sbocciati al buio, cristallizzano nel ghiaccio senza la possibilità di realizzarsi perché l’inverno, come quest’anno, non accenna a finire?
Cosa accade però se quelle speranze vengono disattese, se quei sogni sbocciati al buio, cristallizzano nel ghiaccio senza la possibilità di realizzarsi perché l’inverno, come quest’anno, non accenna a finire?
In
sottofondo ho messo la canzone Ice Queen dei Within Temptation, e
mentre scrivo vedo il mantello scuro della regina di ghiaccio coprire
la terra, sento il suo respiro gelido, il sussurro di lei che
trasforma il cuore in pietra. Sogni, speranze, progetti, tutto
scricchiola e si crepa, il sangue gela nelle vene, il mondo, il
nostro mondo, cade in rovina, fuori e dentro di noi.
Sono una fallitaNon valgo nienteHo sbagliato tutto
Quante
volte lo hai pensato o lo hai sentito dire da qualcuno? Ultimamente
sembra diventato un mantra che sibila come il vento del nord tra i
rami costellati di boccioli ghiacciati, che porta con sé le voci
cariche di odio dei discepoli della stupidità e si lascia dietro una
scia di rovine.
Soprattutto
tra le artiste e le artigiane che seguo e con cui condivido gioie e
dolori di un lavoro creativo.
La regina di ghiaccio sa come colpire e fare male, perché siamo noi che la lasciamo entrare nei momenti di debolezza e di sconforto, ci esponiamo e lei affonda stalattiti affilate come la realtà nei nostri sogni.
Quando
ci afferra e stringe le sue dita scarne, ci sono vari modi per
sopravvivere:
arrendersi a lei e rinunciare a tutto,
cercare la luce e agitarsi per afferrarla senza sapere se sia un raggio di sole o il riflesso della luna sul ghiaccio,
scaldarsi di rabbia e bruciare in un breve lampo di calore,
accettare il morso gelido dell’inverno e attendere insieme la primavera che tarda.
Non
c’è un modo giusto o sbagliato, è uno scontro tra noi e lei, tra
i nostri sogni e la disperazione, tra la resa e la determinazione.
L’unico errore che non dovremmo commettere è lasciare che qualcun
altro si intrometta in questa lotta intima, che ci tolga il diritto
di toccare il fondo per poi rialzarci con le nostre forze, o
arrenderci, di sentire il dolore, la disperazione, di crescere grazie
al conflitto, basta che sia una nostra scelta.
È
appena uscito il sole, l’inverno ha ceduto un po’ del suo potere,
se immergo la mano nel raggio di luce che entra dalla finestra, sento
il calore che risveglia una parte dei sogni e delle speranze sopite.
Una mano si scalda, l’altra è ancora gelata, entrambe sono le mie
mani e le accetto, comprendo il caldo e il freddo, trasformo in
energia creativa due stati della materia, due diversi punti di vista.
Forse
ho vinto, stavolta.
E tu? Stai ancora combattendo con la regina dell’inverno o hai trovato il tuo sole?
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